Il Referendum Greco: quali Conseguenze sull'Europa?

La crisi greca ha ormai raggiunto il suo picco, e da qui non si torna più indietro. Il governo di Alexis Tsipras, eletto pochi mesi fa proprio grazie al suo programma di rifiuto dell'austerità e di ristrutturazione del debito, ha rifiutato di applicare le stesse ricette dei suoi predecessori nei confronti dell'economia greca; ricette che hanno portato la Grecia ad avere una disoccupazione del 27%, un tasso di povertà altissimo e un debito pubblico che, a causa della contrazione enorme dell'economia, è esploso.

Dall'altra parte le istituzioni europee hanno rifiutato di fare qualunque concessione alla Grecia, rifiutando la possibilità di una soluzione politica alla crisi. La soluzione, ha voluto dire la troika, è solamente il proseguimento delle ricette economiche portate avanti fino ad ora, di taglio della spesa pubblica e privatizzazioni. Minacciate dai movimenti anti austerità e anti euro in praticamente tutti i paesi europei, le istituzioni della troika e le istituzioni politiche europee si sono trincerate dietro posizioni di assoluta rigidità, spaventate dalle possibili conseguenze politiche di un anche minimo cedimento.

La Grecia ha infine deciso di indire un referendum, per scegliere se proseguire o meno con le ricette di austerità. L'esito è difficile da prevedere. I greci sono certamente stanchi delle manovre imposte dalla troika, e le elezioni di qualche mese fa lo hanno dimostrato, ma le banche chiuse hanno spaventato molti e la prospettiva di un default non è comunque rosea.

Vittoria del Sì

In caso di vittoria del sì, il governo di Tsipras cadrebbe e al potere andrebbe con ogni probabilità un governo tecnico, incaricato di portare avanti le manovre richieste dalle istituzioni europee per continuare a fornire gli aiuti. Tuttavia, come ha sottolineato di recente un documento del Fondo Monetario Internazionale, il debito greco è ormai insostenibile e un simile scenario darebbe una stabilità solo temporanea.

Vittoria del No

In caso di vittoria del no, invece, è molto difficile fare previsioni. Se le posizioni rimanessero quelle che sono, con le istituzioni europee irrigidite su posizioni di rifiuto di ogni trattativa, la Grecia potrebbe andare al default. In questo caso, i paesi più indebitati nei suoi confronti potrebbero subire duri contraccolpi. Quei paesi sono la Germania, la Francia e l'Italia; ma mentre i primi due hanno economie tutto sommato forti e sembrano in grado di assorbire il colpo, sull'Italia gli interrogativi sono molti. Lo spread potrebbe tornare a impennarsi furiosamente, il nostro debito potrebbe subire un abbassamento del rating e il nostro debito pubblico potrebbe diventare ancora più gravoso. E in quel caso, la troika farebbe molta più fatica a sostenerci rispetto alla Grecia.

Quello che è praticamente certo è che in questo periodo di crisi l'euro, che è lungi dall'essere concluso, l'euro è più debole rispetto al dollaro. In parte si tratta di un effetto del Quantitative Easing di Mario Draghi, un effetto voluto perché aiuta le esportazioni. Di certo un euro debole in questo momento è un vantaggio, almeno fino a quando le materie prime (che sono scambiate in dollari) si mantengono su prezzi bassi.

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